28 – Chi è Antelope Cobbler?
28 Chi è Antelope Cobbler?
Marco Cesarini & Henry Mclusky
Una storia di atmosfere e sogni, in bilico tra realtà e visione. Una riflessione sul noir e i suoi stilemi, sui codici d’interpretazione della realtà, con sguardo onirico e misterico.
Ventottesima produzione per nusica.org, associazione culturale che supporta e promuove artisti innovativi.
Il nuovo lavoro di Marco Cesarini & Henry Mclusky in uscita il 18 aprile 2024. L’album è anticipato dall’uscita del singolo Cani randagi, disponibile dal 12 aprile.
Parte da un concetto originale, quello di musica “noir”, il nuovo lavoro di Marco Cesarini, chitarrista, polistrumentista e compositore pesarese. In uscita il 18 aprile con l’etichetta musicale nusica.org, Chi è Antelope Cobbler? è un progetto audio-visivo multiforme e visionario, un viaggio tra simboli e codici che rimanda, per suggestione, al cinema di David Lynch al suo universo enigmatico.
Per Cesarini, da sempre interessato ai territori dell’immaginario i cui contorni ambigui, mai pacificati costituiscono una zona di esplorazione, ri- costruzione e scoperta artistica, Chi è Antelope Cobbler? rappresenta un mezzo di indagine sulla realtà, un tentativo di focalizzarne i margini, nella consapevolezza di un senso sfuggente, slegato da categorie predisposte.
In questa prospettiva, l’album costituisce il naturale proseguimento delle idee nate e sperimentate nei precedenti album del musicista (Transumanza; Transumanza Vol II Vulnus) realizzati con
Uqbar Orchestra, formazione “liquida” e prismatica, nata per adattarsi a più esigenze, un progetto multiforme che a seconda dei contesti muta e si riduce.
Chi è Antelope Cobbler? segna ora la nascita di una nuova formazione, Marco Cesarini & Henry Mclusky, nome ed eteronimo dell’artista che qui costruisce una storia ruotante attorno alla “verità dell’invisibile”, ai punti di vista che si moltiplicano e fanno della realtà un magma in ebollizione.
Così, Cesarini inventa un personaggio, Henry Mclusky, che in quanto investigatore è chiamato a scandagliare i misteri di un reale che è insieme intimo e oggettivo, laddove gli sguardi, gli interrogativi si trasformano in melodie ed equilibri timbrici, ritmici e armonici, ma anche rumoristici a seconda del “caso” in esposizione. Comporre, per il musicista, equivale infatti a indagare per trovare la soluzione a un enigma, alla ricerca della propria verità formale.
La storia di Chi è Antelope Cobbler? è impreziosita inoltre dalle illustrazioni dell’artista Aliena Wrobleski (alias Margherita Baldelli) che, insieme al racconto scritto, costituiscono un mezzo per orientarsi nelle composizioni, sulla scia dei Libretti della musica classica.
L’immaginario noir rivisitato da Cesarini dà così vita a suggestioni stratificate, che pescano dal jazz per arrivare ad atmosfere più spinte, dissonanti, in un viaggio al termine della surrealtà che è in fondo interrogazione su se stessi, sulla storia, sulle relazioni umane.
Costruito come un itinerario sulle tracce di Antelope Cobbler, il disco si apre con Il cuore di Henry e arriva alla Soluzione finale in un gioco di richiami che fanno, di ogni traccia, il tassello di un puzzle potenzialmente interminabile.
Nell’album sono presenti diversi musicisti che hanno collaborato con Cesarini nella formazione Uqbar Orchestra: Jean Gambini (sax tenore e contrabbasso), Andrea Angeloni (trombone, tuba e eufonio), Davide Mazzoli (batteria), Giacomo Del Monte (percussioni). Accanto a loro anche Naima Gambini (violino) e Marco Rossi (violoncello).
In live la band si muoverà sotto forma di quartetto/quintetto a seconda delle occasioni.
1. Il cuore di Henry McLusky 05:20
2. Marcia funebre per un reietto 05:17
3. Pensavi finisse diversamente? 04:47
4. Anomalia. Riflessioni su forme semplici 06:38 5. Cani randagi 05:13
6. Soluzione finale 08:13
Marco Cesarini | composizioni, chitarra, elettronica, basso, piano
Jean Gambini | sax tenore e contrabbasso
Andrea Angeloni | trombone, tuba e eufonio
Davide Mazzoli | batteria
Giacomo Del Monte | percussioni
Naima Gambini | violino
Marco Rossi | violoncello
Registrato al “ClaySound Studio” di Davide Mazzoli, mixato e masterizzato da Marc Urselli.
Marco Cesarini nasce nel 1984 e ha studiato privatamente basso elettrico e chitarra. Negli anni dell’adolescenza dà vita diverse band di musica originale: Nolo Uma, Band jazz rock, Brambate. Forma poi i Windom Earle e si diploma all’Accademia di Musica Moderna(AMM) studiando basso elettrico, arrangiamento e composizione jazz con Lorenzo De Angeli, Marco Pacassoni e Enzo Bocciero. Insieme a Davide Mazzoli forma i Telios De Lorca, duo di musica elettroacustica, collaborano con il pittore Giuliano Del Sorbo per uno spettacolo di Live Painting, “Paintheatre”. Nel 2021, nel periodo di quarantena da Covid- 19, dà vita alla formazione Uqbar Orchestra, con cui realizza il progetto dal titolo Transumanza cui segue, nel 2023, Trasumanza vol II – Vulnus.
Oltre all’attività con le band, negli ultimi anni collabora e sonorizza tre documentari e un cortometraggio del regista e videomaker Filippo Biagianti, Noi Partigiani-Storie di resistenza, Dalla semina al cielo, Selenik-Le tre stagioni di Salonicco e il corto Sa ‘ilgiadora de su tempus. Nel 2023 sonorizza e cura l’audio di un podcast commissionato da “Medici per i Diritti Umani” realizzato dalla compagnia teatrale Nouvelle Plague sui migranti che percorrono la rotta balcanica fino ad arrivare in Val di Susa per poi passare la frontiera francese. Il progetto “Marco Cesarini & Henry Mclusky” nasce dall’esigenza di affrontare altre tematiche, rispondendo a un metodo narrativo preciso, che è quello alla base della sua scrittura artistica.
Chi è Antelope Cobbler
Ora che l’ombra lunga
nelle cose abbraccia
il cielo stesso
tutta la sera e a tavola con me,
sortendo in margine la luna
l’idillio incombe
poche parole in verità cedono
tutta la sera è solo dentro me.
Ivano Ferrari
1 – Il cuore di Henry Mclusky
Una sera d’inverno stavo percorrendo le strade del centro storico di una città deserta, ero alla ricerca di una donna che nell’ambiente veniva chiamata “La Musa”, mi avevano detto di domandare a lei chi fosse “Antelope Cobbler”. Questo nome mi perseguitava da tempo ormai, l’avevo sognato, non una volta ma una miriade di volte, era un’ossessione. Sapevo che poteva sembrare una follia, ma qualcosa dentro di me che non avevo mai sentito prima mi diceva di andare avanti. Solo pochi giorni prima avevo iniziato a fare domande in giro, molti sapevano ma preferivano non parlare, dopo diversi tentativi, qualcuno si era lasciato scappare il nome della Musa e dove trovarla. Il fatto che tanti fossero a dir poco restii a parlarmi di Antelope Cobbler rendeva tutto più interessante vista la mia natura e la mia professione. Mi chiamo Henry Mclusky e sono un investigatore privato.
Le informazioni che avevo erano che La Musa si trovasse nei vicoli, zona della città che non dorme mai, sempre attiva. Avevo superato il tratto più rumoroso e mentre percorrevo una via buia mi accorsi che la strada si faceva sempre più stretta, il vociare delle persone era un’eco in lontananza, pensai che le città sono come l’apparato psichico, il centro tutto lustrini è il conscio, i vicoli sono il subconscio, brulicano senza sosta come i nostri desideri, ma la strada che stavo percorrendo era oltre i vicoli, quindi? Stavo superando l’inconscio? Cos’altro c’è dopo?. Sulla destra vidi delle scale ripide, in fondo si poteva scorgere una luce fioca provenire da una stanza, scesi come se fossi stato spinto leggermente da dietro, come se il corpo non mi appartenesse più, seguii il flusso e mi lasciai andare. Appena varcai la soglia la luce che da lontano sembrava bassa, si fece sempre più accecante…sempre più accecante…
Udii una voce femminile provenire al di là della sorgente luminosa che ormai mi abbagliava, ed era strano perché mi sembrava di fluttuare, di non essere più padrone del mio corpo, poi tutto d’un tratto…il buio!
Decisi di barattare il mondo in cui vivevo: la mia giornata di
ufficio, le ore piccole con gli amici davanti a un boccale di birra, le
scampagnate e la donna. Perché? per provare la rinuncia a queste
cose, questi sapori, chiudendomi in un baratro umanamente sporco,
psicologicamente dilaniato allo scopo di portare a galla l’acqua
di un pozzo inquinata dal tempo e avvelenata dall’ignoranza.
Raffaele Stammelluti
2 – Marcia funebre per un Reietto
“Ricorda i dimenticati, scrivi per loro, per i reietti. Ognuno di noi è un reietto in potenza, tutti possono essere discriminati e respinti, non dimenticarlo mai quando componi”.
Giorni dopo essere stato dentro quella stanza, gli unici ricordi nitidi che avevo erano queste parole. Ma cos’era successo? Chi mi aveva spinto? Che volto aveva La Musa? Ma soprattutto come me ne ero andato di lì? Cosa c’entra Antelope Cobbler con tutto questo? Sembrava inutile cercare risposte, l’unica cosa che ricordavo erano le parole della donna, non riuscivo proprio a togliermele dalla testa, come un mantra.
Poi alcune immagini da un passato remoto iniziarono ad affiorare. Nel mio peregrinare, anni prima, conobbi Rocco, o meglio “Rocco il filosofo”, così lo chiamavano.
Ora non c’è più, se ne andò una domenica d’inverno su una panchina di un parco alle porte della città. Non eravamo amici, ma avevamo condiviso alcuni momenti insieme, la sua storia mi ha sempre colpito, perché potrebbe essere la storia di molti di noi, tutti possiamo “romperci” durante il tragitto. Era laureato in filosofia, aveva anche iniziato ad insegnare, poi si ammalò spiritualmente, oggi viene chiamata schizofrenia.
La sua vita da quel momento cambiò, rimase sempre più solo e nonostante venisse da una famiglia borghese, scelse di vivere per strada, anche se da quello che sapevo ogni tanto tornava a casa della madre. Quando lo conobbi stava già male, molti racconti gloriosi su di lui mi arrivavano da persone che l’avevano conosciuto prima che si ammalasse. Ciclicamente lo vedevo in città, aveva spesso bisogno di soldi, perché con la malattia arrivò anche il vizio dell’alcol. Era stupendo Rocco, alto, occhi azzurri e capelli lunghi e mossi, un profilo greco, o meglio, assomigliava alle rappresentazioni scultoree di un filosofo greco, un Socrate/Platone postmoderno.
I reietti sono i respinti, quelli che non ricevono assistenza o considerazione, è un termine preciso, la parola stessa, reietto, ha una sua musicalità che ci permette di “sentire” il significato, oltre che di capirlo razionalmente.
Di storie come la sua, come quella di Rocco, ce ne sono tante e la malattia mentale è ancora un grande tabù della società moderna.
Una volta queste persone sarebbero state rispettate da società più illuminate della nostra, un tempo quelli che chiamiamo “deviati, psicotici o collassati mentali” hanno ispirato poeti-militanti, situazionisti, sognatori. Oggi sono incarcerati negli ospedali o languono sui marciapiedi.
Forse La Musa mi voleva dire di cercare Cobbler tra i reietti? La mia ricerca mi ha portato fino a qui, tutto questo deve avere un senso…o no?
Dal sacco
si sparsero al suolo le cose.
ed io penso
che il mondo
è soltanto un sogghigno,
che luccica fioco
sulle labbra di un impiccato
Velimir Chlebnikov
3 – Pensavi finisse diversamente?
Suonarono al citofono, quando alzai la cornetta dall’altra parte una voce mi disse “L’uomo Misterioso non vuole che cerchi Antelope Cobbler”, quando scesi non trovai nessuno, chiunque fosse se n’era già andato. L’Uomo Misterioso lo incontravo spesso nel locale più interessante della città, si trovava nel ghetto ebraico, una delle poche zone che sembrava resistere all’omologazione architettonica dilagante, era sempre insieme a L’Impostore, giocavano a scacchi, li conoscevo bene, mi avevano detto di avere un debole per me, che gli ero simpatico, loro si somigliavano in volto, l’unica differenza era che uno era basso e l’altro era alto, potevano essere fratelli per quanto ne sapevo. Le loro voci erano sinuose, consolatorie, avevano un certo fascino, quando parlavano riuscivano ad essere sempre sincronizzati, a volte anche all’unisono, non c’era mai una pausa di troppo nel loro colloquiare.
Andai da Solomon, un locale nel ghetto ebraico per parlare con L’uomo Misterioso, come sempre li trovai in un angolo imbrigliati alla scacchiera.
L’Uomo Misterioso:
– Non cercare Antelope, è una perdita di tempo, devi solo aggiungere delle skills, ormai è richiesto dai nuovi standard di punteggio, sai che si sono alzati, giusto? I tuoi bias cognitivi lo richiedono, le cose devono continuare in questo modo, vanno bene così, perché vuoi cambiarle? Non ci sono alternative. Questa ossessione di conoscere Antelope Cobbler ti porterà solo problemi, problemi enormi, fidati, tu ci piaci, devi solo uniformarti.
L’Impostore:
– L’Uomo ha ragione, prendi me per esempio! Sono un Artista affermato ormai, la mia faccia è sempre sui cartelloni. Vedi…l’arte non è una materia complessa, nel nostro paese basta trovare il cortile giusto, sei troppo ideologico tu, abbraccia il cinismo postmoderno. Basta ostentare consapevolezza e autoironia. Vedi…tu ci pensi troppo alle cose, questa ossessione di conoscere Antelope Cobbler per esempio…pensi possa esserti utile? Non lo farà, perché tutto è più semplice di quello che sembra…
L’Uomo Misterioso:
– Contenuti a ripetizione, cancella i bias!
Intanto un deejay di una certa età stava iniziando la sua serata, partì con un brano dei Beastie boys poi senza senso passò a Nick Drake, poi mixò malissimo un brano reggaeton e a quel punto L’Uomo Misterioso e L’Impostore si alzarono in piedi e a ritmo iniziarono a ballare e a cantare guardandomi con sguardo grifagno:
CANCELLA I BIAS…TROVA LE TUE SKILLS…DISCLAIMER…BIAS COGNITIVI…CANCELLA…NO ANTELOPE…NO COBBLER…INDIVIDUALISMO…YO…BRO…POSTMODERNO…QUESTO…NOI…CREDIAMO!
La differenza tra un Santo e un Mago
è questa, che il Santo agisce per
mezzo di Dio e il Mago opera invece
per mezzo della natura
Paracelso
4 – Anomalia – Riflessione su forme semplici
Mentre Henry Mclusky si sta dannando l’anima per trovare Antelope Cobbler, a pochi chilometri di distanza da casa sua sta avvenendo qualcosa di anomalo, o sarebbe meglio dire, di preternaturale.
Immaginate una casa colonica solitaria nella campagna invernale di qualche colle sperduto, in quella che potrebbe essere una provincia del centro Italia. Mentre la visualizzate, vi accorgete che parte della casa sta andando a fuoco, un fuoco particolare, eterno, circoscritto solo ad alcune stanze, le fiamme fuoriescono dalle finestre. Strano vero? Perché il fuoco non si espande?
Non è dato sapere. Troppe domande non aiutano in questi casi, continuiamo con il gioco della seduzione. Ora un movimento di camera lento e sinuoso porta la vostra visuale all’interno della porta principale, dove le fiamme non ci sono, gira a destra ed entra in una grande stanza, anche qui il fuoco è assente. Una donna nella penombra china su un tavolo, armeggia con un impasto grigio, scaracchia sulla melma mentre emette suoni cacofonici muovendosi avanti e indietro, senza smettere di impastare. Sul tavolo sono appoggiati alambicchi di diverse dimensioni, all’interno di essi liquidi di vari colori gorgogliano, mentre lei continua il suo rituale la nostra soggettiva si muove lentamente e ci mostra due foto appese alle sue spalle, in una il volto di Henry Mclusky e nell’altra quello di Rocco il Filosofo, solo che in quella di Rocco c’è una croce rossa sopra, in sottofondo intanto l’alternanza della litania cacofonica, gli scaracchi e l’impasto proseguono, ma sempre più veloci, sempre più veloci…poi…Stop! Silenzio.
La soggettiva torna indietro e ci mostra le mani della donna che accarezzano quello che potrebbe sembrare un pupazzo di terra in miniatura, lo alza, lo guarda e ripete qualche frase incomprensibile, gira il tavolo e lo seppellisce in una buca sotto un cumulo di foglie secche, con un badile prende dei tizzoni ardenti e li versa sulle foglie, ripete questo movimento due, tre, quattro volte. Il suono di un disturbo elettrico inizia a diffondersi nella stanza, la donna è ferma davanti alla buca e osserva. Ora anche voi potete vedere tramite gli occhi della donna, forse siete diventati lei. Dalle foglie emergono delle parti anatomiche, una gamba, poi un braccio, gli arti iniziano a muoversi a scatti, la donna si china e con le mani sposta i residui di fogliame bruciacchiato per vedere quello che ha creato. Ora è completamente visibile, quel pupazzo di terra è diventato un uomo. La soggettiva ci mostra due figure nella penombra illuminate dalle fiamme, stop!
Ogni notte ogni mattina
nascono alcuni alla rovina
ogni mattina ogni notte
nascono alcuni al soave diletto
nascono alcuni ad infinita notte
William Blake
5 – Cani Randagi
Nelle periferie post-industriali si vedono tetti di capannoni dismessi dopo la crisi del 2008 che si stagliano in cielo e si fondono con quello che resta di una campagna pregna di ricordi e di storie che nessuno conoscerà mai, visti dall’alto sembrano delle dune di sabbia di un pianeta alieno, parcheggi immensi e rimorchi di camion qua e là come scheletri di un passato lontano, ci aggiriamo nelle zone periferiche come cani randagi, fiutiamo l’etere intorno a noi sperando di tornare a sentire odor di casa. Le architetture ci aggrediscono con la loro violenza, gli spigoli ci intimano di retrocedere. Questi agglomerati simmetrici, che ospitano presenze umane solo durante il giorno, circondano una città diversa nell’architettura ma identica nel flusso di vita, un centro storico senza una precisa identità trasformato durante gli anni per fare in modo che la gente se ne stia ben nascosta altrove durante l’orario serale.
La crisi perpetua di un paese, di una città di provincia, l’odore della psicosfera agisce sui nostri sistemi neurali, tutti sappiamo ma facciamo finta di niente. “L’ES deve sopravvivere”, ripetevo tra me e me.
Mi hanno sempre affascinato le zone industriali di notte, sono estremamente aggressive di giorno, ma quando tutto è fermo, silenzioso, quando l’ego dell’industria è sopito, hanno un fascino malinconico. La classe operaia si riposa.
Era notte guidavo senza metà, senza musica, solo il suono del motore di una macchina fatta in chissà quale fabbrica nella catena di montaggio della vita che si perpetua senza sosta. Perché mi affannavo tanto per sapere chi fosse Antelope Cobbler? Ero confuso, sapevo solo che quel nome mi ossessionava da tempo ormai, l’avevo sentito nominare diverse volte da L’Uomo Misterioso e L’Impostore, erano conversazioni private, non sapevano che li stessi sentendo, ero riuscito a carpire solo frammenti di discorsi sconnessi, percepivo che il tono della loro voce si faceva serio e preoccupato. L’ultima volta che li vidi mi dissero chiaramente che non avrei dovuto cercare Cobbler. Il loro divieto mi aveva incuriosito ancora di più, inoltre intuivo una profonda connessione con questa vicenda. Il fascino che per anni quei due individui avevano suscitato in me, si stava tramutando in qualcos’altro, un misto tra senso di colpa e disprezzo e aumentava gradualmente durante questa mia instancabile ricerca della Verità!
Torna a casa Henry, guarda una telenovela sudamericana, fa qualcosa per smettere di pensare, un bagno di realtà così crudo può fulminare anche il più stoico degli investigatori.
Minorazione congiunta con veracità
Opera sublime riuscita senza macchia.
Si può essere preservati nel farlo.
Propizio è intraprendere qualche cosa.
Come si esegue questo?
Si adoperino pure due ciotole per il sacrificio.
I Ching
6 – Soluzione finale
Non ero ancora riuscito a vedere il suo volto, fino a quel momento si era tenuto a debita distanza, come un bravo segugio. Ma gradualmente la sua presenza si faceva sempre più invadente, l’avevo visto aggirarsi anche dentro casa. Sapevo che determinati pensieri lo avrebbero indotto a farsi vivo, mi diressi verso la camera da letto sicuro che l’avrei trovato li. Era giunto il momento di affrontarlo. Aprii la porta, non mi sbagliavo, era nella penombra in un angolo della stanza, la luce proveniva dal abat-jour sul comodino, corsi verso di lui, in un attimo le mie mani erano intorno al suo collo, cercava di divincolarsi, mi fece uno sgambetto, ma riuscii a mantenere l’equilibrio, era un diversivo, la mia attenzione si spostò dalla mia morsa assassina al baricentro, con un colpo secco dell’avambraccio spostò le mie mani dal suo collo e mi spinse via, si ritirò nell’angolo buio della stanza, nella concitazione non ero riuscito a guardarlo in faccia, mi diressi verso l’interruttore a muro per avere una luce più forte, lui iniziò a ridere, mi fermai, un brivido mi attraversò la colonna vertebrale, quella risata era familiare. Qualcosa mi diceva che una volta accesa la luce non sarei più potuto tornare indietro. Silenzio. Sguardo in basso. Mano sull’interruttore. Luce!
Mi ero voltato ma non riuscivo ad alzare lo sguardo, ero bloccato, dopo qualche secondo di immobilità irreale presi coraggio e alzai gli occhi. Non è possibile, quello che avevo davanti a me, ero io, o meglio era la mia copia identica, però qualcosa di diverso c’era. Si, i suoi occhi!
Eravamo immobili uno di fronte all’altro, smise di ridere e assunse una smorfia beffarda. Gli chiesi, “Tu chi sei?”, “Non mi riconosci? Sono Henry Mclusky, sono te, o meglio sono la tua Cattiva Coscienza che ha preso forma, quel ruminare continuo nella tua testa. Hai presente la sinusoide? “No!” Risposi. Riprese a parlare, ” La sinusoide ha un punto zero, una linea retta, intorno ad essa un’altra linea si muove, supera lo zero in altezza, ma specularmente quell’altezza scende anche sotto lo zero, polarità opposte. Io sono tutti quei picchi sotto lo zero, sono l’emanazione incarnata di quei picchi, sono il Meno. Aliena per darci forma deve venire a prenderci in un territorio oscuro, ostile a presenze umane, il mondo delle cose che non dovrebbero essere create, qualcuno ci chiama anche “Increati”. Ma non può farlo spesso, soffre troppo, rischia la sua stessa anima, nel tuo caso era necessario però, ti sei spinto troppo oltre. Dovrò prendere il tuo posto, non possiamo permettere che tu conosca Antelope Cobbler…anche soltanto sapere chi è metterebbe a repentaglio tutto”
Ora per il vostro Henry numero 1 si mette male. Torniamo al gioco della seduzione. La soggettiva vi mostra l’inizio della lotta, i due si scagliano uno contro l’altro, si avvinghiano, si ribaltano e si rialzano, il vostro punto di vista, la soggettiva, si muove all’indietro, esce dalla stanza. Non potete più vedere i due Henry, ma udite rumori di mobili e di oggetti che cadono e si rompono. Un lungo lento piano sequenza vi porta fuori dalla casa, mostrandovi prima un corridoio, poi la soglia della porta d’ingresso che magicamente si chiude appena la soggettiva si sposta a qualche metro di distanza dall’entrata. Rimane li, ferma a inquadrare la porta. I rumori di trambusto generati dalla lotta non sono solo più distanti, ma anche più rarefatti, poi, silenzio. Pausa lunga. Ed ecco che udite dei passi che si avvicinano, la porta si apre e vedete Henry che varca la soglia, si ferma, mette in ordine i suoi abiti, si guarda intorno, guarda in camera, sorride ed esce dall’inquadratura. Fine!
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